I GIORNI DEL CILIEGIO
di Tito Casini

XXXII - PENTECOSTE.

Da dieci giorni egli era partito: da dieci giorni aspettavano, sotto il grave incarco dell'ultime sue parole - «...e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria, e fino all'estremità della terra» - che si compisse prima l'altra sua pardola, senza cui mal si sarebbe eseguito il testamento tremendo: «...ma voi riceverete forza dall'alto, quando verrà su di voi».
Aveva comandato che non si allontanassero, fino a tanto, da Gerusalemme, - e vivevano tutti insieme nella casa cittadina che Pietro e Giovanni avevan trovato seguendo l'uomo dalla brocca, nella stanza dov'egli aveva detto loro le più tenere cose, aveva lavato a ciascuno i piedi, si era dato in azzimo e in mosto.
Eran coi dodici (Mattia aveva già preso, tratto a sorte, il luogo del traditore) i più affezionati suoi discepoli, le donne e sopra tutti Maria, la madre di lui, la sposa dell'Aspettato. Ignari del giorno in cui sarebbe disceso, del modo in cui si sarebbe mostrato, gli andavano senza posa incontro con l'ardente desiderio e la concorde orazione.
Era ormai giunto il mattino del Cinquantesimo. Nel riposo perfetto da ogni servile fatica, con l'offerta dei pani nuovi, degli agnelli senza macchia, degli arieti e del vitello di branco, Gerusalemme celebrava il giorno che Dio avea comandato «solennissimo e santissimo», il giono bello di molti nomi - Festa delle Settimane o della Chiusura, per chiudersi in quello, dopo sette settimane, i dì della Pasqua; Festa delle Primizie, per que' due primi pani, presentati al Signore, dell'ancora inassaggiata nuova raccolta; Giorno della Mèsse, per il grano a cui si sarebber poste l'indomani le falci -, giorno glorioso per la memoria del Patto, quando tra folgori e lampi, fra tuoni e clangori di trombe, fu dettata dalla fumosa vetta del Sinai la legge divina: «Io sono il Signore Dio tuo che ti trassi dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù

Nella letizia della stagione e dei ricordi, Gerusalemme celebrava la sua Pentecoste - e come avviene che l'allegrezza circostante faccia più grave, per contrasto, l'altrui mestizia, così sentivan più amara, quei del Cenacolo, la lontananza di chi era stato tutta la loro festa; più struggente il ritardo a giungere del promesso Consolatore... . Era già l'ora terza, l'ora della preghiera, l'ora, forse, che quindici secoli innanzi s'era udita d'in cima al monte crepitar la prima saetta sotto i passi di Dio («Splendeva - infatti - il mattino...») quand'ecco che l'immenso prodigio parve rinnovarsi. Un tuono, come di vento impetuoso, fragoreggiò su nel cielo, rintronò nella casa. E dal cielo, insieme al tuono, una rossa nevicata di lingue simili a fuoco calò sull'attonita adunanza, sostando su ciascuno una fiaccola, sì che ciascuno parve d'improvviso mutato in ardente lume, e l'accolta un solo immenso candelabro.
Era lo Spirito - il Promesso, l'Aspettato, il Paracleto - che giungeva, ed eri tu, o santa Chiesa cattolica, che nascevi: intera, sin dal primo istante, e perfetta: già una, già santa, già cattolica e apostolica, come ogni giorno, dopo tanti secoli, noi, eretti in piedi e scoperta la fronte, noi, tuoi figli e soldati, ti professiamo... Perciò, come chi nasce non fanciullo ma nel pieno vigore, tu cominciasti tosto a parlare - «...e tutti furon ripieni di Spirito Santo, e principiarono a parlare» -, che voleva dire a insegnare, a combattere, a conquistare. Cattolica era già la tua voce sì che tutti la intendevano, - e n'eran confusi di meraviglia - per quanto diversissima di nazione fosse la folla che il tuono aveva tratto intorno ai pescatori. « Questi che parlano non son dunque tutti quanti Galilaei? E come va che noi li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, e della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e dei paesi della Libia c'h'è intorno a Cirene, pellegrini romani, proseliti giudei, Cretesi e Arabi... tutti noi udimmo parlare nelle nostre lingue delle grandezze di Dio». Tu conoscesti pure, già dal quel primo passo, l'opposizione e lo scherno - domani saran le prigioni e i supplizi - della rabbia avversaria. Poichè allo stupor della folla, la quale si chiedeva tremante e commossa: «che vuol dir mai tutto questo?», rispondeva il gelido sarcasmo di alcuni: «Son pieni di vin dolce...».
Ma Pietro, il capo, emergendo fra gli undici, prese tosto a compier là sua parte di sommo e universale Pontefice:
«Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate in Gerusalemme, sia noto a voi questo, e aprite le orecchie alle mie parole... ». Distrusse con facile argomento la malignazione nemica: «Costoro non sono, no, ubriachi, come voi vi pensate: siamo appena alla terza ora del giorno...». Spiegò, come a lui solo competeva, le Scritture: « Questo che avviene è quel che fu predetto dal profeta Joele: E avverrà (dice il Signore) ch'io negli ultimi giorni spanderò del mio Spirito su ogni carne, e i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. E sopra i miei servi e le mie serve spanderò in que' giorni il mio Spirito, e profeteranno. E farò prodigi su in cielo e segni giù in terra, sangue e fuoco e vapor di fumo...». Dall'Inviato risali all'Inviante, predicando forte Cristo uomo e Dio, crocifisso e risuscitato: «Uomini d'Israele, ponete mente a queste parole: Gesù di Nazaret, uomo cui Dio ha reso irrefragabile testimonianza fra voi con opere potenti e prodigi e segni...: quest'uomo che, conformemente al determinato consiglio e alla prescienza di Dio, vi fu dato nelle mani, voi, inchiodandolo per man d'iniqui sopra una croce, l'avete fatto morire; ma Dio l'ha risuscitato, avendo rotti gli angosciosi legami del sepolcro, perchè non era possibile ch'ei ne fosse ritenuto...». Appoggiò con nuove scritture il suo asserimento. Di chi parlava mai Davide quando diceva, nel salmo: «Tu non abbandonerai l'anima mia l'inferno nè sopporterai che il tuo Santo veda la corruzione»? «Tu m'hai fatto conoscere le vie della vita; tu mi ricolmerai di gioia con la tua presenza»? Certo non di sè, poichè «il patriarca Davide morì e fu sepolto, tanto che la sua tomba è anche al dì d'oggi presso di noi». Ma «essendo egli profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento che uno della sua stirpe dovea sedere sopra il suo trono, profeticamente disse della risurrezione del Cristo ch'egli non fu abbandonato nell'inferno nè la carne di lui vide la corruzione». Aggiunse infine - eseguendo già, con gioia, il recente testamento - la testimonianza viva e presente di tutta la Chiesa: «Questo Gesù, Iddio lo ha risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni». Lo attestò asceso al cielo, lo mostrò, secondo un altro passo di Davide, assiso, regalmente, alla destra dei Padre («Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra!») e conchiusie, fermo, solenne: «Sappia dunque certissimamente tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo questo Gesù che voi avete croeffisso».
Fra l'ombre del tramonto, Gerusalemme poneva fine alla sua Pentecoste, la festa bella di molti nomi, a cui uno solo, dopo quel tuono dell' ora terza, pareva ormai, nel suo più disteso senso, convenire, l'amaro nome di Chiusura. Accanto al tempio giudaico, cui il vento dello Spirito serrava, nel discender, la porta, la santa Chiesa cattolica celebrava, all'opposto, la festa delle primizie, porgendo allo Spirito, che in lei avea inaugurato il suo indeclinabile regno, tremila prime anime, quante n'avea generate la prima allocuzion di Pietro.

Ed ecco, ogni anno, alla Chiesa piace riviver commemorando e lodando quel caldo giorno di sua nascita, che fu pure delle sue nozze e della sua maternità prima.
La Pentecoste è propriamente, fra tutte, la festa della Chiesa. Le campane, quella mattina, suonando a doppio col medesimo slancio della mattina di Pasqua (quando pareva volessero risvegliar Cristo, assopito all'ombra della roccia), non sai se chiamino, con le parole della sequenza, lo Spirito - Veni, Sancte Spiritus... - o se proclamino, con l'introito, l'ampiezza dell'avvenuto suo regno: «Spiritus Domini replevit orbem terrarum...: lo Spirito del Signore ha riempito l'orbe terrestre, alleluia! ed esso, che tutto abbraccia, tutto intende, alleluia! alleluia! » Da ogni punto dell'orbe terrestre, le campane, la mattina, dicono queste o quelle parole.
Un sublime sguardo a ritroso, della Chiesa che a sè nello Spirito fa festa, è, quella mattina, la messa. Dalla contemplazione delle presenti sue tende, che l'introito mostra sparse per tutto il globo; dopo il grido di battaglia che all'introito è congiunto - Exsurgat Deus, et dissipentur inimici cius: et fugiant, qui oderunt eum a facie eius ... - si riporta, con la lezione, a Gerusalemme, alle origini, quando, men vastadella più ristretta parrocchia, era ancor tutta sotto la roggia piova divina e Pietro, il capo, non aveva ancor celebrato il primo pontificale.
Dalla lezione, al graduale e alla sequenza: dal giorno della nascita, ai giorni del concepimento; dall'arrivo dell'Aspettato, all'aspettazione del Promesso, dal tuono e il vento, al gemito, al sospiro orfanile: «Emitte Spiritum tuum...: manda, Signore, il tuo Spirito, e avverrà la nuova creazione...»
«Veni, sancte Spiritus... : vieni, o Santo Spirito...».
Ah, come dovette commoversi, su alla destra del Padre, colui che aveva detto, innanzi di partire: «Io non vi lascerò orfani» come dovette affrettarsi a scendere il Consolatore, se tali gli giunsero, come quelle onde, palpita la sequenza di Pentecoste, le supplicazioni dei pescatori!

Veni, Sancte Spiritus,
Et emitte coelitus
Lucis tuae radium!

«Vieni! » Quante, volte e in quali note questa parola!

Veni, pater pauperum
Veni, dator munerum
veni, lumen cordium

Quanti amorosi titoli, oltre a quel di «padre dei poveri», di «distributore di doni», di «lume dei cuori»! quanta dolce lusinga!

Consolator optime,
Dulcis hospes animae,
Dulce refrigeriam.

In labore requies,
In aestu temperies,
In fletu solatium...

Quanta dimostrazion di bisogni!

Sine tuo numine,
Nihil est in bomine,
Nibil est innoxium

Quanta richiesta di soccorso!

Lava quod est sordidurn,
Riga quod est aridum,
Sana quod est saucium.

Flecte quod est rigidum,
Fove quod est frigidum,
Rege quod est devium...

e finalmente

Da virtutis meritum,
Da salutis exitum,
Da perenne gaudium.
Amen. Alleluia!

Nel vangelo, il guardo a ritroso della Chiesa si spinge ancora più oltre, sebbene non si discosti dal Cenacolo: è Cristo, non ancora risalito, non ancora immolato, che annunzia ai suoi dopo averli di sè sfamati e dissetati, la grande promessa: «Chiunque mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e verremo a lui, e faremo dimora presso di lui... Queste cose io v'ho detto stando con voi. Il Paracleto, poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quel che v'ho detto... Ora, ve l'ho detto, prima che succeda, affinchè, quando sia venuto, crediate:... ut cum factum fuerit, credatis».
Ciò è avvenuto; la promessa è stata esattamente mantenuta - e noi crediamo.
Deh, come ardenti, come alte, come, solenni, or che tutto è compiuto; che anche la Terza Persona ha visitato la terra; che la Chiesa è fondata, come baldanzose si levano stamattina le note del Credo! Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem, factorem caeli et terrae... Et in unum Dominum Jesum Christum, Filium Dei unigenitum... Et in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem... Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam... .
Dal passato, all'avvenire. Dopo l'ultime parole del Simbolo, dove la fede di credenza si fa aspettazione - Et expecto resurrectionem mortuorum et vitam venturi saeculi... - anche il restante sguardo della Chiesa si rivolge dal trascorso al futuro, dalle origini ai destini, dalla Gerusalemme caduca e caduta alla Gerusalemme immortale. E l'offertorio vede i popoli entrarvi, nei loro re che offron doni: Confirma hoc, Deus. quod operatus es in nobis: a templo tuo, quod est in Jerusalem, tibi offerent reges munera, alleluia!
...E l'ultimo canto del giorno, l'antifona del Magnificat, non è che una ripresa - lieta, alleluiante ripresa, dopo le celebrate memorie del suo cammino: «Hodie completi sunt dies Pentecostes... : oggi si son compiuti i dì della Pentecoste, alleluia! oggi lo Spirito Santo apparve in fuoco ai discepoli e diè loro i doni dei carismi: gli ha mandati per l'universo mondo a predicare e testimoniare. Chi, dunque, crederà e verrà battezzato, sarà salvo. Alleluia!»


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