LA TUNICA STRACCIATA
prefazione del Card. ANTONIO BACCI

Il Cardinale Antonio Bacci

Città del Vaticano, 23 febbraio 1967


Sono stato invitato a fare una breve presentazione di questo volumetto di Tito Casini. Non posso né voglio rifiutarmi, anzi lo faccio volentieri, pur con alcune riserve, sia perché conosco Tito Casini fin dalla prima fanciullezza e lo apprezzo come uno dei primi scrittori cattolici d'Italia per quel suo stile fresco, caustico e sincero, che mi ricorda l'aria pura e montanina della sua e mia Firenzuola, sia perché egli è un cristiano tutto di un pezzo e può ripetere quello che diceva di sé un antico scrittore sacro: «Christianus mihi nomen, catholicus cognomen»; sia infine perché se questo suo scritto può sembrare ad alcuni poco riverente, tutti però dovranno riconoscere che è dettato soltanto da un ardente amore verso la Chiesa ed il suo decoro liturgico.

In ogni modo si può e si deve affermare che quanto egli scrive in questo volumetto non è mai contro ciò che ha stabilito nella sua Costituzione Liturgica il Concilio Vaticano II, ma piuttosto contro l'applicazione pratica che della detta Costituzione Liturgica alcuni smaniosi ed esagerati innovatori vorrebbero fare ad ogni costo. E non partiamo di quello che, su questo piano sdrucciolevole, stanno facendo alcuni con le cosiddette cene Eucaristicbe, con le messe-beat, con le messe yè-yè, con le messe dei capelloni, e «simili lordure».

Lo faccio volentieri, ho detto, perché penso che queste pagine, che ricordano quelle ancora più focose, ardite e spregiudicate di S. Caterina da Siena, potranno raddrizzare qualche idea e fare del bene.

Confido pertanto che gli interessati vorranno perdonare generosamente all'Autore certe frasi che potranno sembrar loro poco riguardose, riflettendo che esse sono state vergate non per offendere, ma solo perché il cuore era esacerbato da certe innovazioni, che sembrano e sono vere profanazioni.

Del resto c'è sempre da imparare per tutti; anche dalla voce dei laici, specialmente di quei laici, che sono, come Tito Casini, dei perfetti cattolici.

E qui non posso fare a meno di ricordare che è stata costituita una Federazione Internazionale per la salvaguardia del latino e del canto gregoriano nella liturgia cattolica, Federazione che annovera innumerevoli persone di ogni ceto di undici Nazioni, e che ha sede in Svizzera, a Zurigo. Essa pubblica una rivista che con frase latina si intitola «Una Voce», frase latina che per noi può essere anche italiana, perché la nostra lingua nazionale, come è stato detto, è quasi un dialetto latino; ed il latino della liturgia, erede del «sermo rusticus» parlato dal popolo, può essere inteso facilmente, almeno in gran parte, meglio anzi di certe traduzioni barbare, per le quali tradurre è lo stesso che tradire.

Nel numero di gennaio di quest'anno la detta rivista asserisce che «sente il dovere di denunciare certe situazioni di fatto, che assolutamente non corrispondono al rinnovamento auspicato dal Concilio». La detta Costituzione Conciliare (art. 36, 1) ha stabilito come principio generale la conservazione del latino nei sacri riti, pur concedendo che si possa nelle lezioni ed in certe determinate parti della Messa usare il volgare, se ciò si ritiene utile ad una migliore intelligenza da parte del popolo. Ma l'uso totale ed esclusivo del volgare, come si la in molte parti d'Italia, non solo è contro il Concilio, ma causa anche un'intensa sofferenza spirituale per molta parte del popolo.

Penso quindi che la supplica inviata alla Conferenza Episcopale dalla sezione italiana della detta Associazione Internazionale per la salvaguardia della lingua latina e della musica sacra nella liturgia cattolica, meriti essere presa in attenta e favorevole considerazione, affinché non avvenga che mentre si celebra in un pessimo italiano la Messa, e gli altri sacri riti in lingua volgare, ed anche in esperanto, il Latino - lingua ugiciale della Chiesa - sia poi bandito totalmente dai sacri riti come un cane lebbroso.

Sembra perciò opportuno che, almeno nelle Chiese Cattedrali, nei Santuari, nei centri turistici e dovunque vi è sufficiente numero di clero si celebrino almeno alcune Messe in latino, ad ore stabilite, per rispondere al giusto desiderio di coloro - stranieri ed italiani - che preferiscono il latino al volgare ed il canto gregoriano a certe canzonette volgarucce che oggi tentano di sostituirlo, certo con poco decoro del culto
cattolico.

+ Antonio Card. Bacci



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